In esposizione a Fondazione Prada Milano, la mostra ‘Recycling Beauty’ curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica, sarà visitabile fino al 27 Febbraio 2023.
Il progetto allestitivo è ideato da Rem Koolhaas/OMA e centrato sul riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco.
Le precedenti esposizoni, ‘Serial Classic’ e ‘Portable Classic’, hanno già anticipato la necessità di considerare il classico non solo come un’eredità del passato, ma come un elemento vitale in grado di incidere sul nostro presente e futuro e testimoniano anche la straordinaria persistenza di alcuni valori, categorie e modelli antichi, per usare le parole di Settis: “una chiave di accesso alla molteplicità delle culture del mondo contemporaneo”.
Il reimpiego di materiali antichi è stato al centro degli studi archeologici solo di recente nel riflettere sulla natura instabile e trasformativa dei processi artistici.
Sempre Settis spiega: “Il reimpiego comporta la convivenza di diverse temporalità, dove distanza storica e simultaneità narrativa ed emotiva s’intrecciano di continuo. Negli ultimi decenni ci sono tre direzioni complementari: il reimpiego come valore memorativo (volto al passato), come impegno fondativo (diretto al presente) o utilizzo predittivo (orientato al futuro)”.
Il racconto della bellezza antica, concepito da Rem Koolhaas/OMA con Giulio Margheri, si sviluppa in due edifici della Fondazione, il Podium e la Cisterna; alcune parti provengono da materiali di precedenti mostre ospitate, altre sono nuovi prodotti di migrazioni, trasformazioni ed evoluzioni di senso.
Evidenziando l’importanza dei frammenti, del riuso e dell’interpretazione, un fenomeno instabile in costante evoluzione stratificato in oltre sessanta opere d’arte altamente rappresentative, provenienti da collezioni pubbliche e musei italiani e internazionali come Musée du Louvre di Parigi, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, Musei Capitolini, Musei Vaticani e Galleria Borghese di Roma, Gallerie degli Uffizi di Firenze e Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Un gruppo di opere testimonia come, sebbene le immense rovine di Roma dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente si riducessero in frantumi nel giro di poche generazioni, quei residui fossero visti come un vasto repertorio capace di custodire e rinnovare valori e simboli latenti dell’antichità.
La statua colossale di Costantino (IV sec. d.C.), una delle opere più importanti della scultura romana tardo-antica, evidenzia come l’opera sia il risultato della rielaborazione di una più antica statua di culto, probabilmente di Giove.
Oppure il caso del gruppo scultoreo di età ellenistica del Leone che azzanna un cavallo (IV secolo a.C.), che nel Medioevo viene collocato sul Campidoglio e diventa allegoria del buon governo cittadino, o i troni vuoti di divinità attese a banchetto di remote origini mesopotamiche che avrebbe poi raggiunto l’iconografia cristiana e buddista.
Per chi volesse approfondire, esiste uno specifico volume illustrato con saggi e testi critici sul tema del riuso in ambito artistico e architettonico, edito da Fondazione Prada.
<editorial staff Wemagazine>
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